Umanitarismo vuol dire:

linguaggio, pratiche e organizzazioni che vedono i rapporti Nord-Sud impostati in termini di necessità e urgenza di impegno per aiutare le popolazioni in difficoltà.

 

Il nostro prossimo

Medici senza frontiere: "nella sala d'aspetto 2 miliardi di uomini"

Don Lorenzo Milani : "non si può amare tutti gli uomini...Di fatto si può amare un numero di persone limitato, forse qualche decina, qualche centinaio...Dio non chiede di più".

Due idee di solidarietà e di impegno verso il prossimo.

Ma cosa significa oggi l'attenzione verso di altri?

Interessarci di ciò che avviene nella nostra casa, famiglia, agli amici, alla comunità o impegnarci a intervenire in ogni regione del mondo?

Incontrare persone che hanno un nome, una storia, stabilire relazioni, rapporti paritari, complessi, continui o esserci per tutti, quindi diventare indifferenti per chiunque, non legarsi a nessuno?

Curare una moltitudine di carni senza avere mai incontrato una persona. Relazioni tra uomini o assistenza generalizzata impersonale?

Si cercano esperienze "forti" perché non si sa trarre soddisfazione e senso dai particolari, dai gesti quotidiani?

L'erosione dei sistemi locali

Gli operatori umanitari non sono neutrali, sono veicoli di una visione del mondo

Si può considerare il donare come avere una forma di potere sul beneficiario, non si vuole trattare con proprie regole e logiche di azione: è deregolamentazione.

L'aiuto umanitario si sostituisce a governi, comunità, popolazioni: è un "chiavi in mano" che non si riconosce né valorizza i locali.

Non stimola l'autonomia ma la subalternità all'occidente.

Il lavoro che si compie non è condiviso, finito l'intervento tutto torna come prima. La collaborazione solo come manovalanza su un pacchetto di aiuto già definito.

Professionisti pagati "bene" in paesi di persone povere e disoccupate. Ciò che si è con gli altri è più importante di ciò che si fa per gli altri.

Perdita dell'alterità

I volontari, pur animati da buone intenzioni, non conoscono la storia, i conflitti, la cultura, la lingua delle popolazioni e dei paesi: è sintomo di presunzione degli occidentali nei rapporti con gli altri. L'intervento umanitario considera le popolazioni locali "non sviluppate", bisognose di cure e di ammaestramento.

L'essere "sofferente" è privato della sua identità sociale e della sua soggettività. Ci si interessa dell'altro, solo in quanto vittima.

Occidente malato

L'ansia degli esploratori, trasformati in benefattori, di arrivare ovunque, di curare tutti, deriva da un senso di perdita e di colpa. E' la consapevolezza di aver perso le proprie radici, la propria sicurezza, il senso delle cose, della responsabilità, delle solidarietà quotidiane e diffuse.

L'umanitario e la cooperazione dicono molto di più su quanto manca a noi e su ciò di cui hanno bisogno gli altri. Si vuole aiutare gli altri nascondendosi le proprie mancanze. La società occidentale perde progressivamente relazioni significative e ha una sempre maggiore difficoltà di fare esperienze di vita che abbiano senso nel quotidiano. Chi opera è insoddisfatto verso il contesto in cui abita.

L'amore

L'amore è darsi e non solo dare. Presuppone l'altro soggetto attivo, partecipe, quindi una relazione complessa vera e propria, confronto, scambio, coinvolgendo, "mettersi in gioco".

Il modo di agire dell'umanitario è orientato allo "scopo", perdendo di vista contesto e persone, al di fuori della relazione.

Sentirsi utili "facendo del bene", con l'altro tenuto a distanza.

L'azione non costruisce relazioni di scambio ma si basa su interventi "tecnici" e "professionali".

Il dolore degli altri ci torna utile perché ci fa sentire importanti, potenti, realizzati. Nella banale quotidianità non siamo nessuno, di fronte al bisogno diventiamo importanti.

 

Cosa fare?

  • Dobbiamo agire nei contesti in cui siamo radicati. Per incidere in profondità sul mondo il radicamento è un fatto vitale
  • anche in un mondo globale abbiamo responsabilità verso le persone molto che abbiamo più vicino
  • abbiamo anche responsabilità politica verso le persone molto lontane da noi (interdipendenza)

Il nostro cammino

Anche l'impegno di chi "non dimentica" i fratelli più poveri è un cammino che assume le dimensioni di un progetto da portare avanti con sicurezza in modo da fornire speranza a tutta la famiglia umana.

Per noi la fede deve essere radicata sull'impegno costante di cercare la comunione e di volerla con tutte le forze, il nostro è un progetto di fraternità che ci porta ad amare i fratelli concretamente, dinamicamente (che avanza), dialetticamente (non accettare la condizione in cui vivono tanti fratelli).

La nostra attività come Segretariato è la dimensione "concreta" del progetto, insieme possiamo approfondire le altre due componenti, quella dinamica (non accontentiamoci di sentirci solidali ma andiamo oltre) e quella dialettica (rappresentiamo la lotta contro chi crea le situazioni di ingiustizia).

La parola del Signore

Una parabola del Vangelo (Matteo 21 e Luca 20) ci narrai di un padre di famiglia che pianta la vigna (il mondo è di Dio ed è "nostro").

I personaggi sono il padrone e un piccolo gruppo di coloni, capaci di lavorare la vigna a cui il padrone l'affitta.

Il padrone manda un servo e poi un altro e poi un altro ancora a ricevere i frutti. I coloni li legano, li bastonano e li uccidono.

E' la nostra storia!

L'umanità è formata da due gruppi di persone, quelli che stanno dentro la vigna e quelli che stanno fuori e vorrebbero reclamare i frutti. Questi ultimi sono sempre più numerosi, i coloni sono sempre di meno.

Dopo gli emissari il Padre dice: «Manderò mio figlio». Cristo sta dalla parte di quelli che vanno a cercare i frutti, cammina con loro contro chi difende il privilegio di stare nella vigna da solo, senza fare i conti con nessuno, senza fare "comunione".

 

Spunti per la riflessione

Dimensione 'dialettica"

1)Il mondo è per tutta l'umanità, chi si appropria di qualcosa lo fa abusivamente a danno di qualcun altro. Dobbiamo iniziare a ragionare in termini di "restituzione" piuttosto che di aiuto e di finanziamenti.

2) La produzione dei beni come oggi è impostata, non è mezzo di comunione ma di separazione: i rapporti tra le persone sono funzionali all'accumulo di ricchezza, al
potere da esercitare. Il cristiano rappresenta nel mondo coloro che vanno a esigere i frutti nella vigna occupata dai coloni, la sua ragione d'essere sarà sempre quella di lottare contro le differenze sociali.

Dimensione "dinamica"

1) per entrare in rapporto con Dio occorre stabilire rapporti d'amore fra gli uomini ("in ogni rapporto d'amore l'altro diventa una porta che si apre sul cielo").

Ma si può chiamare amore l'elemosina?

Si potrebbe riempire di beni la casa di poveri senza stabilire una vera amicizia.

E' qui la differenza tra solidarietà e complementarietà: la solidarietà lascia aperta la possibilità di disuguaglianza, c'è il ricco che dà e il povero che riceve, non ha nulla da dire, attende gli aiuti. La solidarietà rappresenta un superamento della beneficenza, ma non raggiunge la pienezza della relazione.

La complementarietà va vissuta (denaro per progetti }.

Dove siamo?

Se condividiamo le tre dimensioni del nostro progetto dobbiamo fare in modo che si sviluppino armonicamente, senza che qualcuna resti indietro rispetto alle altre, ben sapendo che la dimensione "concreta" è quella che spesso travolge le altre.

Il nostro messaggio deve nascere da una forza interiore che impedisce di tenere nelle mani qualcosa di definitivo e per questo deve essere continuamente rinnovata e alimentata.

li cambiamento inizia dalla persona e la persona deve cambiare la struttura che la circonda altrimenti viene "conformata" dal sistema.